Ci sono musiche che smuovono lo stomaco, altre che ci fanno shakerare il booty, altre che sono adrenalina pura. La musica proposta da questo trio partenopeo è di quelle che avvolgono l’anima, di quelle che portano in “alto”.
Dopo un paio d’anni («Mercurial Behaviour», esordio sempre con la più longeva – e migliore – etichetta al mondo di musica estrema e non-canonica, la Cold Meat Industry di Mr Karmanik) i cagliaritani Medusa’s Spell tornano con il concept album «Last X Hours», dedicato alle streghe.
Come già scrissi nel 2007 quando recensii Randagi dei Malfunk (primo album del 2007 ad esser recensito) “il buongiorno si vede dal mattino” e come scrissi nel 2008 nella recensione dell’album che vedeva il ritorno di Lilith insieme ai Sinnersaints “iniziamo col botto”, beh possiamo tranquillamente per il primo disco del 2009 ad esser recensito
Freschi di pubblicazione del loro disco d’esordio, I Tacoma sono in giro per I locali d’Italia per pubblicizzare la loro prima fatica discografica. Nell’accogliente locale del “Sesto Senso” di Bologna scambio due chiacchiere con Stefano Podda, chitarrista e cantante della Band sardo-londinese
I Tacoma sono fondamentalmente due ragazzi che, nella loro vita, hanno ascoltato veramente di tutto. Il loro disco omonimo (che trovate a questo indirizzo www.myspace.com/tacomaindrag) è il risultato di anni di attentissimi ascolti e di esperienze maturate su palchi di tutta Italia prima e di Londra poi.
Lo sapevate che i “Soft Boys erano impegnati a suonare la musica giusta nel momento sbagliato con l’aggravante di dover dimostrare di non essere il complesso gay che il nome poteva far credere?”
C’erano una volta le MAB (e ci sono ancora, avrete presto loro notizie qui su Miusika), 4 figlie di Sardegna che dopo le prime esperienze fatte nella propria terra, con tanto coraggio e il minimo necessario d’incoscienza presero armi e bagagli e si trasferirono in terra di Britannia.
Arrivati al secondo disco su American, gli I.N.C. cambiano nuovamente rotta, spingendosi verso direzioni ancora più sixties ed estremizzando ancor più il loro lato garage che nel precedente disco emergeva a malapena, annacquato com’era da una produzione troppo mainstream, che privava le, buone, tracce della loro vena “live”.