Dato ormai per certo che “Magic, murder & the weather” non avrà più un seguito, è con un po’ di malinconia che ascolto l’ultimo disco da studio dei favolosi Magazine di Howard Devoto.
Fusi e ricomperati “Real life” e “Secondhand daylight” (dischi che ho fatto prendere anche ai passanti e agli affaccendati in tutte altre cose), in possesso di regolare biografia speditami per corrispondenza dall’Ufficio Virgin di Portobello Road e dopo aver assillato quasi quotidianamente Carù Dischi lo scorso anno (*1), da fan accanito quale ritengo di essere, non potevo non cominciare questa estate del 1981 con il loro nuovo (e ultimo purtroppo) album.
Certo non finisce un’epoca ma qualcosa cambia, e del resto avvisaglie di burrasca si erano già avute quando il grande John McGeoch, autentico gigante su “The correct use of soap“ (*2) (Siouxsie ha dormito poco per averlo a tempo pieno con i Banshees orfani dell’altro Mc di tutto rispetto), aveva lasciato Devoto per approdare alla corte della “Signora delle tenebre”.
Robin Simon (ex-Ultravox 1978), seppur con minore personalità, aveva ben interpretato il suo ruolo e le registrazioni da cui è stato ricavato “Play” (*3), comunque attestavano un’attitudine di spessore superiore a quella del nuovo arrivato Ben Mandelson il quale magari suonasse alla Steve Hackett (ipotesi legittima avanzata da Claudio Sorge).
Mandelson proprio non suona.
Pochissima personalità, nessuna impennata ed un compitino svolto di malavoglia. Certo il materiale non lo ha agevolato, però non credo di offendere nessuno dicendo che di lui ci si ricorderà come di qualcuno salito su un treno fermo.
“Magic, Murder & the weather” è in ogni caso un disco piuttosto debole, lontano dai fasti del trienno 78-80, condizionato un po’ troppo in questa occasione da Martin Hannett che produce più invasivamente che in passato. Eco e riverbero costanti sul rullante e chorus rotondissimo sul basso di Barry Adamson sempre all’altezza della situazione comunque.
Quando i Magazine però fanno gli eleganti, e non c’è termine diverso da “Eleganza” per descrivere la sinuosità della strofa di “Vigilance” o l’acquarello felliniano di “The great man’s secrets”, la bellezza è assicurata (si ascoltino anche il ponte e il refrain di “About the weather”, singolo di apertura dal sapore quasi Soul).
Non credo che proseguendo i Magazine avrebbero ottenuto risultati commerciali diversi da quelli poco brillanti che hanno avuto, e in questo dissento dal bravissimo Sorge (uno dei pochissimi che nel 79 osò parlare bene di “Secondhand daylight”).
Troppo sofisticati e defilati per i gusti massificati dell’utenza Pop, i Magazine mollano la presa, ma lasciano in eredità tre dischi stupendi ed uno stile inconfondibile.
(*1) Si fa riferimento alla primavera del 1980. L’ attesa per il loro terzo album per me era quasi insostenibile, “Secondhand daylight” nel nostro giro veniva considerato stupendo.
(*2) Forse il lavoro di McGeoch su questo terzo disco dei Magazine è il suo più significativo e si colloca quasi sullo stesso livello dell’altro, mostruoso, che ha caratterizzato “Ju-Ju” di Siouxsie & the Banshees.
(*3) Disco dal vivo pubblicato dalla Virgin alla fine del 1980.
Anto (1981/2008)
Tracklist: (versione su cd del 1999)
1. About the Weather |
2. So Lucky |
3. Honeymoon Killers |
4. Vigilance |
5. Come Alive |
6. Great Man’s Secrets |
7. This Poison |
8. Naked Eye |
9. Surburban Rhonda |
10. Garden |
Enrico
Mario
Enrico