Giocando un po’ in sede di introduzione a “Systems of romance” potremmo utilizzare il concetto matematico di progressione geometrica (con ragione suscettibile di quantificazione ma comunque elevata).
Messe da parte le ingenuità dell’esordio, gli Ultravox già con “Ha!Ha!Ha!” avevano aumentato lo spessore delle idee e del sound, e, specie nei tre titoli più significativi di quel disco, The man who dies everyday, Artificial life e Hiroshima mon amour riuscivano nel tentativo di coniugare l’ energia del punk con l’ elettronica.
Con questo terzo bellissimo album però gli Ultravox si superano raggiungendo simultaneamente crescita e maturità.
D’altro canto le premesse (ambiziose) c’erano tutte e la scelta di un produttore tecnologico come Connie Plank e dei suoi studi di Colonia lasciavano intuire il desiderio di misurarsi con altezze impensabili agli esordi.
Dopo Brian Eno e Steve Lillywhite, Connie Plank – già guru dei Kraftwerk – produttore tecnologico alle prese con una band orfana del chitarrista originario Steve Shears, sostituito dal giovanissimo Robin Simon.
Le intuizioni ‘nuove’ degli Ultravox, già di per sé migliori, vengono amplificate in meglio da una produzione massiccia ma anche funzionale.
L’alba di un nuovo mondo al rallentatore di Slow motion è il grande inizio, potenza e precisione racchiusi in quattro minuti imperiosi. Con I can’t stay long l’effetto spaziale dei synth e la chitarra iperriverberata conferiscono una profondità ed un sound eccezionali sui quali John Foxx fornisce una delle sue performance migliori. Profondità e senso dello spazio è quello che viene in mente ascoltando questo pezzo. Meno trascendentale è Someone elses clothes, concentrato punk glamour con Foxx sfacciatamente Brian Ferry nel ritornello, che introduce alla parte meno brillante di “Systems of romance” (Blue light e Some of them sono solo buone in confronto allo standard lunare del secondo lato). Ed il secondo lato si apre con Quiet men, pulsare metronomico irresistibile con Foxx grande nella narrazione e nel refrain e con Billy Carrie strepitoso nel solo d’organo chiuso con staccato per favorire l‘irradiazione degli echi riverberati di un Robin Simon ‘eno-izzato’. Dislocation scandita da uno scalpello impossibile, con strofa e refrain modulati su un giro da incubo, introduce al manifesto e capolavoro assoluto (con Just for a moment) del disco: Maximum Acceleration semplicemente superlativa. Forse l’orbitare su una navicella spaziale può darvi un’ idea di che razza di pezzo sia questo ed il leit motif fischiato dai synth ve ne fornisce la prova. Chiude “Systems of romance” Just for a moment autunno tecnologico che continua a pulsare anche dopo che la puntina ha inciso l’ultimo solco.
Anto (1978)
Tracks: (versione Cd 2006)
1. Slow Motion |
2. Can’t Stay Long |
3. Someone Else’s Clothes |
4. Blue Light |
5. Some Of Them |
6. Quiet Men |
7. Dislocation |
8. Maximum Acceleration |
9. When You Walk Through Me |
10. Just For A Moment |
11. Cross Fade |
12. Quiet Men |