Sono al loro primo album, gli El Cijo da Ancona, ma senz’altro si sono già stufati di sentirsi trascinare in conversazioni sul loro suono anni ’70 e sul fatto di cantare in inglese.
Questo non lo dico perché non siano cortesi o cerchino di sviare l’argomento, tutt’altro. Lo dico perché io mi sarei stufato, al posto loro.
Magari se lo aspettavano, o avrebbero dovuto aspettarselo perché il loro suono, quantomeno, è il loro tratto meglio definito e allo stesso tempo, al momento, il loro limite.
Il titolo dell’esordio degli El Cijo è ‘Bonjour my love‘: un album fortemente e gloriosamente acustico, composto da 16 pezzi che si alternano tra divagazioni strumentali e forma canzone, dove risiedono gli episodi migliori come il singolo ‘Just a rebel song‘.
Un’album, complice anche l’ottimo inglese, che sarebbe potuto tranquillamente uscire trent’anni fa negli States, che rifugge dal mainstream degli anni duemila e che richiede più di un ascolto per essere apprezzato.
E quì sta, appunto, il limite attuale del disco degli El Cijo: è piacevole, ben fatto ma un po etereo, che galleggia piacevolmente nello stereo (o nell’Ipod) ma per poi scivolare piano piano nel limbo dei dimenticati.
Non se la prendano gli El Cijo, che hanno talento a sufficienza per continuare sulla loro strada e mettere a fuoco la loro musica, la lucidità non gli manca come dimostrano le risposte intelligenti di Simone, voce e chitarra degli El Cijo, alle nostre domande a volte troppo ovvie.
Intervista con Simone Furbetta:
Miusika: Prima le domande ovvie, chi sono, in breve, gli El Cijo?
El Cijo: La prima formazione, quella che ha registrato il disco “bonjour my love”: Simone Furbetta, Pietro Baldoni, Marco Molinelli, Giorgia Furbetta, Alessio Ballerini. Tutti originari di Ancona, reduci da esperienze musicali con altri gruppi o progetti solisti. Dopo la registrazione Giorgia, che continua a collaborare saltuariamente al progetto, si è defilata e Iury Lusenti è entrato nel gruppo. Giorgia suona tastiere e glockspiel. Iury suona invece la batteria e il suo ingresso ha cambiato leggermente il suono del gruppo, che si è fatto più percussivo. Nel disco “bonjour my love” le percussioni sono quasi assenti.
Miusika: Dove finiscono gli El Cijo ed inizia il Postodellefragole?
El Cijo: Sono due progetti uniti e separati al tempo stesso. Circa la metà della band fa parte anche del collettivo postodellefragole. Questo sta a significare che l’altra metà non ne fa parte. El cijo è un progetto autonomo. Il postodellefragole si occupa di immagini (video eccetera) e giocoforza si occupa anche dell’immagine di el cijo. Il collettivo realizza i video di el cijo e anche la veste web del gruppo. Un sodalizio inevitabile.
Miusika: Il primo album è sempre o spesso la rappresentazione di una band come si è evoluta per diversi anni. E’ un greatest hits degli esordi e magari nasce ‘vecchio’. Il vostro primo disco vi rappresenta?
El Cijo: Per “bonjour my love” il discorso è diverso. Non è, come dici tu, la rappresentazione dell’evoluzione della band. Si tratta piuttosto di un progetto nato e sviluppato rapidamente. Abbiamo lavorato più in studio che in sala prove. Il disco, quindi, non nasce vecchio, tutt’altro. Probabilmente non è neppure un disco che ci rappresenta completamente.
Come dicevo, è il frutto di una session. Ci siamo chiusi in una casa di campagna e abbiamo composto, arrangiato, registrato. Abbiamo fatto una scommessa e speriamo di averla vinta.
Miusika: Mi parli del video di ‘Just a rebel song‘?
El Cijo: Video realizzato da postodellefragole. La regia è di Marco Molinelli (basso, voce, chitarra in el cijo). Un video a costo zero, girato in stile postodellefragole. Pochi mezzi. Pochi mezzi. Pochi mezzi. È un video crepuscolare, nel senso che è molto buio. Oltre a qualche sparuta luce di scena abbiamo usato delle torce elettriche per illuminare il campo. Nel video compare anche un’arma da fuoco, un fucile giocattolo per la precisione. Non siamo inclini all’uso delle armi da fuoco nella vita reale, ma nella finzione sì. Il fucile, come la sigaretta e tutto ciò che c’è di più pericoloso per la salute propria e altrui, in video rende un sacco. Ma nella vita reale non usate mai armi vere, mi raccomando!
Miusika: Il vostro è un album che ho dovuto ‘digerire’ e a cui dedicare diversi ascolti, per andare oltre le tessiture sonore e cogliere le ‘canzoni’. Non so se la definizione ‘canzone’ si addice ai vostri pezzi. La vostra è una ricerca musicale, vi interessano le strutture, le armonie di un pezzo o preferite concentrarvi sul puro sound?
El Cijo: Ci interessano entrambe le cose. Sul disco abbiamo privilegiato il sound, è verissimo.
Ma nei concerti succede il contrario.
La forma canzone ci interessa anche se nel disco non le abbiamo dedicato troppa attenzione.
Miusika: Magari esistono anche gli El Cijo più rock, più ritmici, energici ed elettrici che dal disco non vengono fuori. O no?
El Cijo: Sì. Esistono.
Dipende dal concerto, dalla serata eccetera. Ci piace lasciare aperte più strade.
Facciamo anche dei concerti molto ritmici, tre chitarre e batteria. Molto tirati insomma.
Hai centrato un aspetto importante del gruppo.
Miusika: Un altra domanda ovvia sarebbe chiedervi i vostri riferimenti artistici. Il vostro è un sound molto anni 70.
El Cijo: Sì, ma come dicevo prima, “bonjour my love” è un album da studio. Il sound è stato creato in quella sede. Abbiamo usato un piano elettrico rhodes e altra strumentazione che ha spostato il sound in quella direzione.
Certo la musica anni sessanta-settanta ci piace e l’ascoltiamo e ci influenza. Tim Buckley, Velvet underground solo per citare due nomi che però bastano per mille.
Miusika: Il vostro è un suono molto ben definito reso con una strumentazione, arrangiamenti e registrazioni tutto sommato molto semplici. E’ una scelta obbligata dai tempi in studio o è il risultato di lunghe session?
El Cijo: Sì, dipende dai tempi di registrazione. Come dicevo, molta della composizione è avvenuta in studio e quindi abbiamo fatto di fretta. Fortunatamente abbiamo registrato in casa e abbiamo abbattuto i costi della registrazione. Andare in uno studio non sarebbe stato possibile, avremmo speso una fortuna. Ma oggi puoi fare un buon disco in casa.
Abbiamo risparmiato a tal punto che ci siamo potuti permettere la masterizzazione all’estero, in un grande studio americano. È stata una bella esperienza.
Miusika: Chi scrive i testi e qual’è il loro rapporto con la musica? Lo scrivere in inglese comporta il rischio che vengano completamente snobbati, visto che siete italiani.
El Cijo: I testi li scrivo io.
Quello dei testi è un problema, sì.
Sei italiano, perché scrivi in inglese? Non sarai un esterofilo come la maggior parte degli italiani? Queste domande sono legittime. È un discorso complesso e interessante questo dell’uso della lingua inglese per noi italiani. Potrei liquidarlo dicendo che le canzoni più belle sono quelle dove capisci la metà delle parole.
Io penso sia vero.
Quando le capisci tutte, le parole di una canzone, finisce che ti delude. È una risposta. Un’altra potrebbe essere che le parole di una canzone, secondo me, dovrebbero essere le parole di una canzone e nient’altro. I cantautori non dovrebbero mettersi in competizione con i poeti. La poesia è morta anche e soprattutto per colpa dei cantautori.
La gente, ascoltando le parole di De Andrè o di Paolo Conte, crede di ascoltare le parole della poesia. È così che è finita. Conte e De Andrè sono dei bravi cantautori, ma non lasciamo che uccidano i bravi poeti.
Nel mio piccolo posso dire che, cantare in inglese, mi pare un buon modo per stare dalla parte dei poeti. Il pubblico italiano, ascoltandoci, capirà la metà del testo (e gli sembrerà bello).
Quanto al pubblico di lingua inglese, magari storcerà la bocca per qualche parola pronunciata male (e anche lui capirà probabilmente metà del testo). Gli inglesi, per come la vedo io, dovrebbero cantare in italiano o in qualche altra lingua che non è la loro. La poesia rinascerebbe.
La gente ha bisogno di parole. Diamogli quelle giuste.
Miusika: Sempre riguardo all’inglese ma non solo, la vostra musica potrebbe essere apprezzata all’estero, credo.
El Cijo: Spero di sì.
Miusika: Il mercato musicale di oggi è fluido, gli indipendenti viaggiano su internet e dal vivo, il mainstream sempre più nei talent show. E gli El Cijo come si collocano?
El Cijo: Gli el cijo sono degli outsider. E sono in buona compagnia. C’è un fiume di gente là fuori.
Miusika: Faccio fatica ad immaginarvi come la vostra musica cambi o si adatti quando è suonata dal vivo. Come sono strutturati i vostri concerti ?
El Cijo: Dipende. Dicevo prima che dal vivo abbiamo un assetto con la batteria. Siamo molto più ritmati che su disco. Diamo più spazio alla vocalità e alla forma canzone. Inseriamo strumenti elettrici. Insomma il live è un ascolto un po’ diverso.
Andrea Barsanti (maggio 2009)
Tracklist:
1. Every Woman
2. The Guy Of Yellow Grain
3. Doll
4. Uh Uh Uh Uh
5. Not Even My Clothes
6. Just A Rebel Song
7. Coach Coming
8. Old Man
9. Everything
10. Bonjour My Love
11. Frankling Tortuga
12. Only A Few Weeks Left Till Easter
13. Anniversary On Monday
14. An Island With No Ocean Around
15. Calamari In Frack
16. Blackbird Messenger