«Il primo proiettile ha attraversato la finestra con un colpo secco, è entrato nella pancia di Gaston, ha fatto il Tour de France fra le sue trippe ed è uscito poco sotto la scapola sinistra. Il secondo e il terzo hanno polverizzato una pila di compact disc e la Tour Eiffel di cristallo poggiata sul computer di Servandoni. Il quarto ha trapassato con un tonfo sordo il torace della tipa seduta davanti a me e il quinto le ha attraversato le testa portandosi via frammenti di osso, sangue, idee, cose varie. Il sesto e il settimo non hanno fatto danni, mentre l’ottavo proiettile frantumava l’avambraccio di Martini e il nono faceva scoppiare il suo monitor. Il decimo e l’undicesimo sono passati sopra la mia testa. Si è aperta la porta dell’ufficio e Delpeche è entrato con le mani sui fianchi. “Che cazzo succede qui dentro?” ha domandato guardandosi attorno. Si è beccato il dodicesimo proiettile dritto nello sterno. Durata dello show: sì e no una decina di secondi».
Inizia così Les Italiens dell’esordiente Enrico Pandiani (257 pagine, 13,50 euro), altro giovane di bellissime speranze pescato dalla torinese Instar, dopo che l’anno scorso Marco Lazzarotto aveva incantato con il suo debutto Le mie cose.
Ed è proprio il caso di definirlo un inizio col botto, visto che nella sola prima pagina del romanzo la squadra di poliziotti parigini di origini italiane – gli italiens del titolo, per l’appunto – viene sterminata da un cecchino piazzato nel palazzo di fronte al loro, al 36 di quai des Orfrèves (e dove se nò?).
Il rischio di cominciare in maniera così pirotecnica un libro, è che il resto del racconto non si riveli all’altezza: decisamente non è questo il caso, perché Les Italiens prosegue su livelli sorprendentemente eccellenti fino alla fine. Giusto il tempo di togliersi la calce di dosso, e il commissario (di ciò che rimane) della pattuglia franco-italiana riorganizza le forze e inizia un’investigazione che lo porterà a scovare del marcio lì dove non se lo sarebbe mai aspettato (cioè tra i suoi colleghi), a provare un sentimento non lontano dall’amore per qualcuno che, in condizioni normali, non sarebbe mai rientrato nella sua sfera d’interesse (una pittrice transessuale), e, quando tutti è andato a rotoli, a concludere la sua avventura nella migliore tradizione noir: «Ho sollevato il bicchiere e ho bevuto un altro sorso di vino. Aveva un gusto amaro, era denso e spiacevole. Poi è andato giù. Si manda sempre giù tutto, in una maniera o nell’altra».
Oltre alla capacità di scrittura e al ritmo veloce del racconto, l’exploit del libro di Pandiani si deve soprattutto caratterizzazione dei personaggi che, più che vividi, sembrano vivi.
Pur nella sua forma di romanzo, Les Italiens è già cinema allo stato puro: speriamo che qualcuno se ne accorga e agisca di conseguenza, anche se in un Paese come il nostro, in cui per raccontare gli adolescenti sullo schermo ci si affida ai libri di un quarantenne, c’è poco da essere ottimisti.
ALESSANDRO MARONGIU (agosto 2009)
Enrico Pandiani