Una miscela esplosiva di punk’n’roll, stoner, garage e rock.
Il tutto prepotentemente influenzato dal cinema, le colonne sonore dei film polizziotteschi italiani degli anni ’60 e ’70. E ancora: Quentin Tarantino, Elio Petri, Gian Maria Volontè, Ennio Morricone, la canzone d’autore nostrana con Mina e Celentano, il jazz, le atmosfere lounge.
Difficile definire la straordinaria creazione sonora firmata Sikitikis, band cagliaritana al suo secondo lavoro discografico. Esce oggi “B”, nuovo disco prodotto dall’etichetta torinese Casasonica.
Un intenso tour attraverso le principali città italiane attende la band che trova la sua dimensione ideale nei concerti dal vivo.
Diablo (voce), Jimi (basso), Zico (Tastiere) e Regiz (batteria) danno vita ai Sikitikis nel 2000. Dopo alcuni live improntati sulle cover di sountraks e canzoni d’autore, nel 2002 incontrano Max Casacci, produttore torinese e proprietario dell’etichetta Casasonica nonché chitarrista e mente pensante dei Subsonica. Tre anni dopo esce “Fuga dal deserto del Tiki”, primo lavoro discografico che da inizio a un lungo tour promozionale attraverso tutta la penisola. Nel frattempo si consolida il rapporto con il cinema: dopo le sonorizzazioni realizzate come tributo a Elio Petri, a breve uscirà nelle sale cinematografiche “Jimmy della Collina” del regista Enrico Pau, per cui i Sikitikis hanno realizzato la colonna sonora.
Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Jimi, bassista della band.
Miusika: cosa è cambiato nei Sikitikis dagli esordi del 2000 a oggi? pensi che le decine di live in tutta Italia, l’enorme successo di pubblico, il contatto con realtà “nazionali” abbiano in qualche modo influenzato il vostro approccio alla musica?
Jimi: Sicuramente il lungo giro che abbiamo fatto in Italia all’indomani dell’uscita di “Fuga dal deserto del Tiki” ha segnato profondamente la band; questo si sente in particolare su “B“, il nuovo disco, che è proprio figlio di quell’esperienza. Anche il contatto con altre realtà nazionali ti insegna tanto, nel bene e nel male, ad esempio sottolineando che in Sardegna abbiamo realtà musicali validissime e molto originali, che hanno solo maggiori difficoltà nel farsi conoscere. I Sikitikis sono una band in naturale, continua evoluzione: non c’è altro modo per noi di affrontare la musica se non crescendo e sperimentando costantemente.
Miusika: Abbiamo dato un’occhiata al sito web www.sikitikis.com, appena realizzato. Più che una pagina di informazioni è un vero e proprio film. Ci racconti come è nato, chi ha lavorato con voi nella sua creazione?
Jimi: Il lavoro sul sito è nato da un’idea nostra che ha poi trovato valido supporto creativo ed esecutivo in Frenk Liori, Matteo “Baromatta” e Nicola di “D-Cocaine“. E’ stato organizzato un vero e proprio set cinematografico al Cada Die teatro di Cagliari con tanto di story board, comparse, protagonisti, foto di scena e trucco. Uno splendido lavoro coordinato da Frenk che poi è diventato quello che vedete sul web: una scena del crimine con rimandi forti all’immaginario dei B-movie italiani di genere thriller/horror…La mattina dello shooting fotografico, per entrare nella parte, ho inondato la sala del teatro con la ninnanna di “Profondo rosso“…c’era un’atmosfera morbosa e surreale….
Miusika: Il vostro nuovo lavoro “B“si potrà acquistare solo ai vostri concerti al costo di soli 6 euro, o contattando direttamente la vostra casa discografica. Si saltano così i canali tradizionali della distribuzione. Una scelta azzardata?
Jimi: Mah, vista la attuale situazione di “morte apparente” del mercato discografico italiano, a noi non sembra poi cosi azzardata! Le etichette indipendenti spopolano, le major investono poco e male sulle nuove realtà, non sempre (per non dire raramente) si investe su strutture importanti come l’ufficio stampa e la comunicazione web, che fanno si che la promozione di un disco o una band sia tale. Per tutte queste ragioni abbiamo deciso, di comune accordo con Casasonica, di gestire personalmente questi profili: rendendo disponibile il nuovo disco soprattutto attraverso due canali fondamentali, la vendita on line e quella ai concerti, ad un prezzo realmente “politico”. Da qualche parte bisognerà pur cominciare per smuovere questa situazione!
Miusika: Sappiamo che i vostri live nell’isola fanno il tutto esaurito. E i concerti fuori dall’isola?
Jimi: Tutto sommato l’impatto con i live ” in continente “ha dato ottimi risultati. Dal primo disco siamo riusciti a togliere fuori un tour che ha toccato quasi cento date in tutta Italia, passando dai piccoli club a palchi importanti come l’Indipendent days Festival o il Goa Boa o teatri come l’Ambra Jovinelli di Roma, sul quale abbiamo portato il nostro “Omaggio a Petri e Volontè“. La reazione e l’accoglienza della gente è stata sempre molto positiva e calorosa, cosa che ci ha spinto a lavorare con ancora maggior impegno su questa strada.
Miusika: Ci racconti il vostro incontro con Max Casacci?
Jimi: Max era a Cagliari per un seminario di produzione artistica organizzato dall’associazione in cui lavorava anche Diablo. C’è stato subito un feeling particolare e una certa curiosità da parte sua su quattro ragazzi che affrontavano la sconfinata e ardua materia delle colonne sonore italiane di film di genere con un background palesemente rock/hardcore/sperimentale…Dopo essere stato presente al nostro primo concerto cagliaritano, nel dicembre 2000, Max ha dimostrato grande attenzione ai Siki ed è cominciato un contatto a distanza con spedizione di provini, consigli, etc, fino ad arrivare al 2004 quando siamo entrati in studio per registrare il nostro primo disco, inaugurando altresì il catalogo Casasonica. Da quel momento Max è a tutti gli effetti un elemento della band, prezioso e discreto al tempo stesso.
Miusika: Siete molto legati alla vostra terra. Cosa c’è di Sardegna nella vostra musica?
Jimi: Tutto e niente…Io penso che, al di là dei semplicistici giochi di rimando culturale, nei Sikitikis la “sardità” (ed in particolare l’essere cagliaritani) permei la nostra visione artistica. L’isolanità, come condizione di forzato isolamento culturale, ci ha permesso di sviluppare le nostre idee al riparo da condizionamenti più pesanti che in altre regioni d’Italia, preservando una cifra stilistica autonoma…La cosa divertente è che, quando in giro per lo stivale, scoprono che siamo sardi, la gente rimane molto colpita, pensando spesso che prodotti del genere non appartengano alla tradizione sarda, ricadendo in quei discorsi per cui “non hai launeddas o canto a tenores quindi è strano che sia sardo”…
Francesca Mulas (14 marzo 2008)
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