Penso di conoscere abbastanza bene la musica degli American Music Club e di Mark Eitzel che seguo dal 1987, da quando cioè “Nightwatchman” mi folgorò nella mia stanza in un’ora imprecisata della notte.
In questi anni li ho seguiti passo dopo passo, disco dopo disco, recuperando anche cose di difficile reperibilità come il loro primo album dell’85 “The restless stranger” (su Frontier) ed il live acustico “Songs of love” registrato a Londra nel 1991, primo anno infausto del nostro amico. Poi, dopo il grande “California” e l’ ottimo “UK”, l’accordo con la Virgin e due dischi, “Mercury” e “San Francisco” più ricchi in termini di (migliori) suoni ed arrangiamenti con punte di eccellenza (la stupenda “Gratitude walks” viene di diritto in mente per prima) ma anche con qualche disomogeneità.
Siamo comunque nell’ambito di dischi di pregevole fattura, Eitzel si è sempre mantenuto su buoni livelli ed adesso alza ancor di più l’asticella dal momento che “60 watt Silver lining” , debutto solista a tutti gli effetti, oltre ad essere un grande disco, si candida ad essere una delle sue cose migliori in assoluto.
Nuova vita per Mark, caratterizzata da suoni eleganti e misurati e da un sound caldo e avvolgente, un mood autunnale che ricorda quello che permeava le ballads di David Sylvian nel suo “Secrets of the Beehive”. E proprio il carattere ombroso e umbratile, ma lontano dalla tediosità, contraddistingue le dodici composizioni di “60 watt…”, registrato nei mesi di settembre ed ottobre dello scorso anno (*) a San Francisco in compagnia dei fidi Bruce Kapham e Daniel Pearson e di Simon White e Mark Isham, con la supervisione di Mark Needham.
Abbandonato il tentativo, piuttosto marcato nell’ultima incisione con gli American Music Club, di dare una forma un po’ più Pop alle sue composizioni, Eitzel, pur non rinchiudendosi del tutto nel suo guscio, punta all’ermetismo e all’essenzialità allontanandosi decisamente dalle puntine di manierismo che facevano capolino in “San Francisco”. Essenzialità ed ermetismo non significano però mancanza di ricchezza armonica né rappresentano sintomo di schematismo sofisticato.
L’uso sapiente del piano e del contrabbasso assecondano con equilibrio pezzi già di per sé molto belli ed in un caso Eitzel offre una stupenda rivisitazione della bellissima “No easy way down” della coppia Carole King–Gerry Goffin, fornendone una versione forse definitiva. I momenti più mossi sono solo tre, ma tutti magnifici: “Sacred heart” ispirata dalla solita notte senza capo né coda passata a cercare qualcosa; “Cleopatra Jones” con un grande stand-up bass ad assecondare le sinuosità del refrain; “Southend sea” in cui i fiati ricordano tremendamente quelli di “Hazey Jane II” di Drake-iana memoria.
Il resto, tutto, è da scoprire con calma, senza fretta e con l’idea che se fuori il mondo corre a palla, noi ci si possa fermare un attimo, magari per cantare “Now I’ m out walking on Saturday morning, without any direction_I’ m a dime a dozen a worthless tourist a walking target with his eyes stuck on glue and paper….”.
Anto (1996)
Tracks:
1. No Easy Way Down |
2. Sacred Heart |
3. Always Turn Away |
4. Saved |
5. Cleopatra Jones |
6. When My Plane Finally Goes Down |
7. Mission Rock Resort |
8. Wild Sea |
9. Aspirin |
10. Some Bartenders Have The Gift Of Pardon |
11. Southend On Sea |
12. Everything Is Beautiful |