Motorpsycho – “Little Lucid Moments” (2008)

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I Motorpsycho non smettono mai di stupire, questo ormai è un dato di fatto. 

Giunti ormai alla loro dodicesima fatica discografica, senza contare naturalmente la pleteora di EP o di Live più o meno ufficiali, Il nuovamente “trio di Trondheim” non dimostra nessun cedimento né segno di stanchezza, difatti dopo una ventina di ascolti, questo “Little Lucid Moments” risulta essere uno dei dischi più ispirati della band norvegese, un ritorno quasi alle origini, a quella follia psichedelica da cui per troppo tempo erano rimasti lontani, esattamente dal 1998 quando ci regalarono quella perla di “Trust Us”.

È proprio a quel disco che “Little Lucid Moments” è legato, stesse emozioni e stessa qualità (eccelsa) dei brani, stessa produzione (c’è il ritorno di deathprod in cabina di regia e credetemi, si sente) e stessa voglia di cambiare ancora una volta le carte in tavola, insomma un capolavoro quasi annunciato.

La title track, è una suite di venti minuti in cui i ragazzoni del nord ripassano tutta la loro carriera: cantato equamente diviso dai due frontman e batteria incalzante; sembra già un veterano di mille battaglie questo nuovo batterista, Kenneth Kapstad, invece è un giovinastro di belle speranze cresciuto a pane e psichedelica nei paesi nei dintorni di Trondheim,  il sostituto ideale di Geb, ormai totalmente assorbito dal suo progetto HGH. “Year Zero” e “she left on the sunship” riescono a tenere altissimo lo standard del disco, due bei pezzi dilatati come solo i Motorpsycho possono fare e  “The alchemist” chiude perfettamente un disco che in molti, dopo “black hole, blank canvas” pensavano che i Motorpsycho ormai si fossero adagiati sugli allori di una carriera stratosferica.

Little Lucid Moments” è uno di quei dischi che ti fanno amare la Norvegia anche se non ci sei mai stato e anche se odi il freddo,  “Little Lucid Moments” è la celebrazione,il ritorno alle origini di uno dei gruppi più importanti ( se non il più importante) degli ultimi venti anni…

i Motorpsycho sono qui per restare  e se avete qualche momento di lucidità, non potete farvi scappare questo mastodontico disco

 

 

 

 

Andrea (Maggio 2008)

 

 

 

 

Tracklist:

1: Suite: Little Lucid Moments

2: Year Zero (A Damage Report)

3: She Left On The Sun Ship

4: The Alchemyst

4 Comments

  1. A

    Salve Andrea, che mi dici dei dischi precedenti tipo “It’s Love cult” o “Black hole, Black canvas”? Purtroppo sono rimasto fermo a “Phanerothyme” e “In the fishtank” (con i Jaga Jazzist). Se poi puoi consigliarmi anche qualcosa della loro produzione iniziale sarebbe ovviamente gradito.

    Saluti

    Anto

  2. Ciao Anto,
    intanto grazie per il commento! Allora It’s a love cult è sempre sulla stessa linea di phanerothyme, sonorità molto sixties, west coast insomma, però ci sono delle tracce molto belle come serpentine e neverland. Un disco buono insomma, però molto più debole dei loro lavori più ispirati. Black Hole Blank Canvas, è un disco a cui sono molto legato, un buon disco ottimi pezzi, suonato molto bene (la batteria in questo disco la suona Bent, Gebhardt ha infatti abbandonato la band dopo it’s a love cult ). Il disco secondo me viene penalizzato dalla troppo durata e da un missaggio a dir poco approssimativo, però è un ritorno quasi alla origini, pezzi veloci e melodici, come The ace e Sail On. Su tutte spunta però, Kill devil hills, uno dei pezzi secondo me più belli dei motor… sperando di esserti stato d’aiuto, ti saluto calorosamente
    Andrea

  3. che dire………..
    favoloso? bellissimo? bho?

    so solo che questo disco si candida a miglior disco del 2008
    e che la suite iniziale vale da sola l’acquisto del disco.

    da comprare assolutamente!!!

    Mario

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