Stamattina, 15 settembre 2008, dopo una breve lotta contro il cancro si è spento un mito della musica: Richard Wright. Membro fondatore dei Pink Floyd, aveva abbandonato il gruppo nel 1979 in seguito ad una richiesta ufficiale di Roger Waters, bassista del gruppo, per poi tornare al suo ruolo di tastierista nel 1987. Negli oltre venti anni di attività nel gruppo inglese, ma anche nei molteplici album da solista o in collaborazione con altre band, Wright ha scritto, eseguito e cantato brani che sono entrati a far parte della storia della musica, e che hanno segnato profondamente l’evoluzione del rock mondiale.
Sinceramente, io non sono un giornalista, né tantomeno un freddo cronista capace di scrivere un anonimo articolo sulla vita di un artista che ha accompagnato con le sue note gran parte dei miei ultimi anni. Se volete avere altre note biografiche su Wright, cercatele sul suo sito ufficiale, o su un qualsiasi altro articolo pubblicato sui giornali online. In questo momento è difficile scrivere, rimane solo la tristezza della scomparsa di una vera icona della musica. Sarebbe bello ricordarlo al piano, con i suoi capelli lunghi, mentre scrive il testo di quella che diventerà una delle sue musiche più celebri, “The Great Gig in the Sky”:
“I’m not frightened of dying, anytime will do, I don’t mind… Why should I be frightened of dying? There’s no reason for it, you gotta go sometime”.
“Non ho paura di morire, in qualsiasi momento potrebbe capitare, non mi preoccupa… Perché dovrei aver paura di morire? Non ce n’è ragione, prima o poi te ne devi andare”.