Roberto Benigni, comico toscano popolarissimo a livello mondiale e attore e regista di grande successo, nasce a Manciano di Misericordia, paesino in provincia d’Arezzo, il 27 ottobre 1952.
Ottiene già una certa notorietà nel mondo dello spettacolo verso la metà degli anni ‘70, recitando divertenti e trasgressivi monologhi in teatro e partecipando a trasmissioni televisive (di mamma RAI oltretutto, dove nasce anche il rapporto di amicizia e collaborazione con Renzo Arbore, e arrivando a condurre il festival di San Remo nel 1980).
Nel 1977 avviene il suo esordio come attore cinematografico nel film Berlinguer ti voglio bene di Giuseppe Bertolucci, fratello del più noto Bernardo.
Da questo momento in poi la sua carriera è sfolgorante e tutta in discesa.
Recita nel tempo in lungometraggi di famosi registi italiani e non tra cui: Marco Ferreri, Blake Edwards, Federico Fellini e Jim Jarmusch, diventa nome da blockbuster in Italia nelle rispettive stagioni d’uscita e vince numerosi premi tra cui un Oscar e il Gran Premio della Giuria al 51° Festival di Cannes.
In questo articolo analizzerò due opere legate a temi molto attuali nell’Italia degli anni ‘90: Johnny Stecchino e Il mostro, nate dalla collaborazione del regista e attore toscano con lo scrittore e sceneggiatore Vincenzo Cerami.
In questi due lungometraggi Benigni conserva tutte le peculiarità che l’hanno caratterizzato fin dall’inizio della sua carriera come: la mordacità, un aspetto di dura critica sociale, una fisicità impressionante e la recitazione sempre al di sopra delle righe ma con una consapevolezza nuova che lo porta ad orchestrare film di genere costruiti su solide basi tecniche e registiche.
Johnnny Stecchino, grande successo del 1991, infatti è una pellicola che mette il protagonista all’interno di gag che rimandano a Totò, ai fratelli Marx e alle commedie americane come A qualcuno piace caldo.
Il titolo del film si deve ad una mania del coprotagonista di questa felice commedia degli equivoci.
Con Il Mostro, lungometraggio del 1994, Benigni conferma un successo di pubblico che lo porta a sfiorare i quaranta miliardi di incasso nel circuito delle sale italiane.
Bella e originale commedia, la cui trama come quella di Johnny Stecchino si basa su uno scambio di personaggi e ne rappresenta i curiosi equivoci e le fantastiche gag che ne sorgono, narra le avventure di un normale cittadino, Loris, accusato di delitti mai commessi.
Film molto semplice, proprio per questo colpisce ancora di più e fa riflettere lo spettatore.
Johnny Stecchino
Nazione: Italia
Anno: 1991
Genere: Commedia
Durata: 121’
Regia: Roberto Benigni
Sceneggiatura: Roberto Benigni, Vincenzo Cerami
Fotografia: Giuseppe Lanci
Scenografia: Paolo Biagetti
Costumi: Gianna Gissi
Musica: Evan Lurie
Montaggio: Nino Baragli
Prodotto da: Mario e Vittorio Cecchi Gori
Cast: Roberto Benigni, Nicoletta Braschi, Paolo Bonacelli, Franco Volpi, Ivano Marescotti,
Turi Scalia, Loredana Romito
Johnny Stecchino, film prodotto nel 1991 da Mario e Vittorio Cecchi Gori e diretto e interpretato da Roberto Benigni, è unanimemente considerato da critica e pubblico il miglior lungometraggio puramente comico dell’attore e regista toscano.
In questa pellicola, che è una classica commedia degli equivoci dal sapore un po’ retrò e provinciale, Benigni interpreta due personaggi dall’aspetto identico, a parte un piccolo neo sulla guancia destra: Dante, autista innocuo di un pulmino per ragazzi handicappati e il suo sosia Johnny Stecchino, un gangster pentito e per questo ricercato dalla mafia che intende farlo fuori.
Questa brevemente la trama: Nicoletta Braschi, che nel film interpreta la compagna del malavitoso pentito, incontra per puro caso Dante a Firenze e, stupefatta dalla sua somiglianza col boss siciliano, lo convince a raggiungerla a Palermo dove il malcapitato dovrà, in quello che sembra il disegno della donna, diventare inconsapevolmente il bersaglio delle cosche, così da salvare il proprio amato.
Le cose, come è prevedibile, andranno diversamente.
In questa commedia, che presenta uno spacco della Sicilia e della società italiana al limite della perfezione, Benigni mette in scena, oltre alla sua grandissima capacità istrionica, tutta la propria abilità di comico e di mimo.
La vicenda narrata dalla pellicola, che si basa su numerosi equivoci, viene trattata dall’attore e regista di Misericordia con grande verve, intelligenza e giusta dinamicità.
La sceneggiatura, grazie anche alla collaborazione di Benigni con lo scrittore Vincenzo Cerami, è decisamente ben scritta.
I dialoghi sono efficaci e brillanti, il ritmo è serratissimo e le situazioni, le trovate e le battute comiche esilaranti ed originali.
Certe scene, come quella delle banane e della festa a casa del ministro poi, sono da antologia cinematografica.
L’idea di un sosia cattivo e mafioso funziona a meraviglia e i trucchetti adoperati da uno dei personaggi interpretati da Benigni per sembrare un invalido sono spassosissimi.
Insomma un film ideale per chi ama davvero ridere e per chi è appassionato del cinema comico italiano di buon gusto e stile.
Il mostro
Nazione: Italia
Anno: 1994
Genere: Commedia
Durata: 111 minuti circa
Regia: Roberto Benigni
Sceneggiatura: Roberto Benigni, Michel Blanc, Vincenzo Cerami
Fotografia: Carlo Di Palma
Scenografia: Giantito Burchiellaro
Costumi: Danilo Donati
Musica: Evan Lurie
Montaggio: Nino Baragli
Prodotto da: Melampo cinematografica, Iris film, U.g.c. images
Cast: Roberto Benigni (Loris), Nicoletta Braschi (Jessica Rossetti), Michel Blanc (Paride Taccone), Dominique Lavanant (Jolanda Taccone), Jean-Claude Brialy (Roccarotta), Vittorio Amandola (L’antiquario), Rita Di Lernia (Moglie Dell’antiquario), Massimo Girotti (L’inquilino Distinto), Ivano Marescotti (Pascucci), Franco Mescolini (Il Professore), Luciana Pieri Palombi (Claudia), Laurent Spielvogel (Frustalupi)
Il mostro, capolavoro della commedia degli equivoci diretto e interpretato da Roberto Benigni nel 1994, è uno dei film che hanno sancito la fama del cineasta toscano sia in Italia che all’estero.
Insieme a Johnny Stecchino e La Vita è bella quest’opera, il cui titolo fa allusione alla vicenda del mostro di Firenze che proprio negli anni ‘90 è stato scoperto e processato, rappresenta il clou della carriera dell’attore e regista di Misericordia non solo per quanto riguarda gli aspetti più puramente stilistici tecnici e registici ma anche quelli economici.
Il film infatti, soltanto nel circuito delle sale cinematografiche italiane, ha sfiorato i quaranta miliardi d’incasso.
Questa in due parole la trama del film: Loris, nullafacente interpretato da Benigni, per una serie di coincidenze assurde è ricercato dalle forze dell’ordine che ritengono che sia un maniaco e un pervertito e che abbia ucciso molte donne.
Così la polizia manda un’agente speciale, interpretata da Nicoletta Braschi, che entrerà nella vita di Loris per capire se è un assassino oppure no e, in caso affermativo, coglierlo in castagna.
Come in ogni film nero che si rispetti il protagonista verrà infine scagionato e il vero assassino consegnato alla giustizia.
Il mostro è un film molto originale dove orrore e comicità si alternano in scene divertentissime.
Ciò è dovuto, oltre che a un copione funzionante, anche al grande istrionismo di Benigni e alla sua capacità di creare situazioni equivoche e doppi sensi e di far ridere senza l’uso eccessivo di termini e situazioni volgari.
Anche in questa pellicola ci sono scene memorabili come tra le altre: l’attore Massimo Girotti, che interpreta un elegante e distinto vicino di casa di Benigni, che ogni volta che il comico toscano cammina con circospezione per non farsi vedere dal portiere del condominio lo saluta finendo così immancabilmente per farlo scoprire; le cose che Benigni si inventava per far scappare le persone che l’amministratore porta a casa sua; le scene del supermercato; della riunione di condominio; delle lezioni di cinese e del filmato dalla polizia.
Il Mostro è senza dubbio uno dei capolavori della commedia all’italiana interpretato e diretto oltre che da Benigni stesso da attori di prim’ordine e, come accade per ogni opera cinematografica che si rispetti, è sicuramente un film da vedere ed amare.
Elio Marracci (luglio 2009)