Forti di un insperato successo in terra d’Albione, grazie ad un 45 giri di buona presa (“Changes”) e ad un 33 giri di omogenea qualità (“Copper blue”), tornano gli Sugar di Bob Mould che, per una volta, si trova nella scomoda posizione di dover fronteggiare problemi di opportunità commerciali del tutto naturali visto il breve arco temporale che separa questa nuova uscita discografica dalla precedente.
Non sappiamo se l’escamotage di presentarsi con un mini-Lp funzionerà in tal senso, ma ai primissimi ascolti, “Beaster” appare un mezzo passo falso e le intenzioni di battere il ferro finchè è caldo, non lasciando scoperto il mercato per il 1993, finiscono con l’essere mortificate dalla scelta di riprendere pedissequamente lo stile di “Copper blue” con l’aggravante di una scrittura tutt’altro che irreprensibile.
E’ vero, molte delle selezioni di “Beaster” appartengono alle session pre “Copper blue” ma l’impressione di fondo, già avvertita nel 1992 e qui più marcata, è che Bob sia prigioniero di una certa sterilità compositiva che lo porta a scrivere con il pilota automatico una serie di canzoni piuttosto statiche dal copione predefinito.
Se aggiungiamo anche il comportamento eccessivamente mercantilistico della Creation ed il ruolo di David Barne e Malcom Travis che, ritagliandosi uno spazio da comprimari, non vanno al di là di un onesto ausilio non essendo in grado di contrastare in qualche modo l’egemonia del leader, è quasi scontato che alla fine è già tanto se non si scada eccessivamente verso il basso.
Un quadro siffatto produce un disco piuttosto “urlato”, non trattenuto da quelle punte di cerebralità che contraddistinguevano la calligrafia di Mould nei dischi solisti dell’89 (“Workbook”) e del ’90 (“Black sheets of rain”).
Mould, in alcune interviste afferma che il periodo attuale è particolarmente creativo ed eccitante ma a contraddirlo sono pezzi estenuanti, contorti ed irrisolti come Judas cradle, J.C. Auto e la pessima Feeling better (davvero una caduta di tono quest’ultima) che rifanno, senza tanta convinzione, il verso a “Warehouse”. Miglior figura fanno invece l’ipnotica Come around, la gigantesca e dal numero imprecisato di accordi Tilted e l’eterea Come around, opportunamente posta in chiusura.
A questo punto della carriera per Bob è necessaria più una pausa di riflessione che il giro del mondo richiestogli dalla casa discografica per la promozione di questo pugno di canzoni così così.
Anto (1993)
Tracklist:
1. Come Around |
2. Tilted |
3. Judas Cradle |
4. JC Auto |
5. Feeling Better |
6. Walking Away |