Finalmente è arrivato il 2 giugno e l’attesa per rivedere sul palco i System Of A Down è terminata. Il nuovo enorme parcheggio che alla fine risulta essere l’Arena Fiera di Milano è pronto per accogliere i numerosi spettatori accorsi da tutta Italia (ed Europa), ma questi non hanno fatto i conti con i gruppi spalla che precedono gli Headliner.
Fin dall’apertura dei cancelli (ore 11:30) la folla continua ad affluire nell’Area Concerti sotto un torbido cielo che solo a fine giornata regalerà qualche sprazzo di sole.
L’attesa per sentire il primo gruppo spalla è lunga e gli svaghi all’interno dell’area non sono molti: solo stand alimentari (con i soliti prezzi altissimi) e i due immancabili stand di Metalitalia e Rock Hard.
Finalmente le 16:30 sono arrivate e gli Anti-Flag salgono sul palco per un bel set che riesce a coinvolgere il pubblico grazie al loro spirito punk rivoluzionario. Da evidenziare il fatto che l’ultima canzone, il batterista l’ha eseguita tra il pubblico, portandosi a presso la propria batteria.
A seguire salgono sul palco i Volbeat, artefici dell’esibizione migliore della giornata (secondo il sottoscritto), grazie al loro mix di hard rock e rockabilly, a dei suoni perfetti e alla buonissima tenuta di palco del gruppo.
I Sick Of It All sono in assoluto uno dei gruppi più famosi e rispettati a livello hardcore e metal e le loro esibizioni sono sempre ottime e adrenaliniche. Ma oggi non va così, nonostante loro ce la mettano tutta e suonino con la solita precisione, non risultano così incisivi come ci si aspetta. Forse è colpa del palco che è troppo grosso, o forse è colpa del pubblico che è cresciuto solo ed esclusivamente a pan e System Of A Down e quindi non sa che farsene di un gruppo del genere. Show in sottotono per loro.
Infine arriviamo ai Danzig. Devo essere sincero e dire che non gli ho prestato molta attenzione, ma non mi sembrava decisamente adatto a questa manifestazione.
E giungiamo agli headliner della giornata, gli idoli della folla, il gruppo per cui il 99% della gente ha speso 70 euro.
I System Of A Down si presentano sul palco alle 21:30 esatte coperti da un telo bianco che cade appena Prison Song entra nel vivo. La folla è delirante, finalmente, dopo anni di attesa (e innumerevoli concerti di cover band) possono ascoltare la loro musica preferita dai loro beniamini. Mi è da subito evidente la freddezza con cui il gruppo affronta il pubblico italiano e sinceramente ci rimango anche un po’ male: la loro musica mi ha sempre trasmesso forti emozioni e movimento e il fatto che loro siano così statici mi lascia basito.
I primi album ad essere toccati in sede live sono senza dubbio “Toxicity” e “Mezmerise” con B.Y.O.B. , Needles, Deer Dance e Radio/Video.
Mentre prosegue l’esibizione mi accorgo anche di un altro fattore: io e la mia compagna d’avventura discutiamo tranquillamente delle nostre impressioni nonostante ci troviamo sotto le casse del palco, e questo non è sicuramente un bene se consideriamo il fatto che ci troviamo ad uno degli eventi più importanti dell’estate e il gruppo che suona sul palco è uno dei più importanti della scena nu-metal di inizio anni 2000.
Il concerto corre veloce, senza pause e i 4 non dialogano con il pubblico, nonostante esso sia molto partecipe al concerto. Rimango piacevolmente sorpreso dalla tenuta canora di Serj Tankian, che in alcuni tratti lascia da parte il groove portato avanti con i System per dar spazio a dalle ottime parti melodiche. Daron e Shavo compiono il loro compito alla perfezione, muovendosi il meno possibile ma cercando di far vedere alla folla che ci sono anche loro.
Ormai siamo quasi alla fine e le canzoni più famose del gruppo (Aerials, Cigaro, Suite-Pee, Toxicyti e Sugar) chiudono una buona esibizione ma che a me risulta essere veloce e sfuggente da parte del quartetto Armeno.
Il pubblico sciama lentamente dall’Arena Concerti di Milano soddisfatto dell’esibizione dei System Of A Down ma delusi dall’acustica. Il resto? Quale resto?
Stefano Cremaschi (2011)