Dovrei cominciare la dove finii nel 1989, per introdurre questo nuovo lavoro dei Cure.
Conclusi il mio pensiero su “Disintegration” affermando che “gli anni ’90 non avrebbero potuto essere di Robert Smith.”
Non pensavo allora, in tal modo, di far torto né alle debolezze spirituali né all’aspetto un po’ più rigoroso dello spirito critico e chissà che questa non possa essere una possibile chiave di lettura anche adesso (*).
I tempi d’altronde non sono più quelli di dieci anni fa e la crisi dei Cure non è che una gocciolina nel mare dello sconfortante panorama inglese che qualcuno vorrebbe allo zenit grazie agli Stone Roses (davvero io non riesco a giustificare sotto alcun punto di vista il clamore per questa band).
Se poi uso del tutto il raziocinio, ripercorrendo cronologicamente le fasi del Post-Pornography (disco che di fatto chiudeva un periodo ben preciso stilisticamente) allora sembra evidente che, pur arzigogolando, Robert Smith abbia avuto la sue ultime fiammate creative nel biennio 1983-1984.
Forse “The walk” è freddo e con un elettronica che deve qualcosa agli allora indifendibili New Order ed anche “The Top”, discontinuo e a tratti pretestuoso, con atmosfere, strutture e arrangiamenti bislacchi in nome dell’eccessiva versatilità, possono far discutere ma in generale mettendoli insieme anche al divertissement dei Glove, alla stralunata e addirittura jazzy “Love cats” e ad alcune b-sides poco considerate, allora si può dire che Smith comunque era in movimento e si avvertiva il tentativo di rinnovamento del Suo linguaggio.
Dopo non è stata più la stessa cosa e la produzione successiva ha risentito, pur con le dovute differenze, di eccessiva ripetitività, di iniezioni a volte grossolane di sound gonfiato, di artifici poco funzionali e, soprattutto, dell’abitudine di introdurre i pezzi con lunghe escursioni strumentali noiose che, magari avevano un senso nella dimensione live, ma che da studio apparivano al più stucchevoli.
“Disintegration” recuperava parzialmente terreno e nel complesso si faceva ascoltare, “Wish” invece appartiene a quella categoria di dischi che pur non togliendo troppo non aggiunge neanche nulla e quasi a voler sottolineare il momento di stanchezza, Smith ha fatto indirettamente trapelare che non ci sarà un prossimo album della sua creatura.
Così forse non ha molto senso entrare nel dettaglio e, tuttavia, i singoli “High” e “Friday I’m in love” sono ottimi esempi del connubio tra linee Pop e un dichiarato esistenzialismo sonoro (e negli ultimi anni bisogna riconoscere a Smith un indubbio talento nell’architettare ganci radiofonici) ma a parte questi ed alcuni momenti di puro spleen come quelli di “Letter to Elise” e “Doing the unstuck”, poco altro resta in mente di “Wish”.
Se un giorno avessi immaginato di salutare Robert Smith non avrei avuto dubbi che sarebbe avvenuto da dietro una finestra rigata dalla pioggia, e forse non ci crederete, ma oggi… piove.
(*) Primavera del 1992
Anto (1992)
Tracklist:
1. Open ( LP Version ) |
2. High ( LP Version ) |
3. Apart ( LP Version ) |
4. From The Edge Of The Deep Green Sea ( LP Version ) |
5. Wendy Time ( LP Version ) |
6. Doing The Unstuck ( LP Version ) |
7. Friday I’m In Love ( LP Version ) |
8. Trust ( LP Version ) |
9. A Letter To Elise (LP Version) |
10. Cut ( LP Version ) |
11. To Wish Impossible Things ( LP Version ) |
12. End ( LP Version ) |