Lo sapevate che i “Soft Boys erano impegnati a suonare la musica giusta nel momento sbagliato con l’aggravante di dover dimostrare di non essere il complesso gay che il nome poteva far credere?”
L’illuminante Robyn-testa da lampadina-Hitchcock non ha nemmeno bisogno di un bicchiere di vino per rammentare i primi anni di vita del suo percorso e non è difficile immaginare che un Barrettiano della sua specie davvero più che ad un marziano potesse assomigliare a un demodè con tanto di cilindro.
Si incrociavano, sui marciapiedi della Londra del 1980, altri sguardi e a confortarlo forse era l’idea che il movimento di cui avesse bisogno si trovasse sulle sue spalle.
“A Can of bees” lo aveva visto esordire nel 1979 alla testa dei Soft Boys ma la parchezza dei mezzi, il non perfetto equilibrio della formazione e la naturale ingenuità comune alle prime incisioni non avevano portato ad un lavoro di rilievo.
L’avvicendamento della sezione ritmica che vedeva Andy Metcalfe sostituito da Matthew Selingman (al basso) e Jim Melton da Morris Windsor (alla batteria) però introducevano ad un Hitchcock più convinto e più saldo al timone.
E’ così che in “Underwater Moonlight” le intuizioni acerbe di “A can of bees” assumono uno spessore ed un peso migliori.
Certamente non sempre le idee da sole bastano e, soprattutto quando minano la funzionalità e la misura (come in “Insanely jeanous” e “Old pervert”), si ha la sensazione dell’eccesso, ma questo disco, che ha l’indubbio merito di stemperare il clima glaciale (se non austero) di quei giorni, con jingle-jangle irriverenti, è migliore del precedente anche a dispetto di una registrazione rumorosa. Epperò, anche se sporchi e grezzi, alcuni potenziali hits come “I wanna destroy you”, “Kingdom of love” (che si segnala per il riff contagioso e per lo sfacciato verso ad “Astronomy Domine”) e “Positive vibrations”, energetica bibita che ha il solo torto di ospitare un sitar fuori tempo massimo, sono episodi godibilissimi la cui vena pop-psichedelica si sposa benissimo con l’urgenza del Rock e con un modo di scrivere che qualcosa deve ad un altro grande visionario che di lì a poco lascerà il mondo esterrefatto per quella che per molti fu la fine di un’epoca.
Anto (2000)
Tracklist: (versione su doppio cd rimasterizzato del 2001)