THE STRANGLERS “Feline” (1982)

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Per una volta parliamo di percentuali ed, in particolare, di quella quasi totalitaria della critica nei confronti degli Stranglers.

Non c’è niente di scientifico nell’approccio, è sufficiente prendere gli articoli dal 1979 ad oggi per verificare che il trattamento riservato loro sia in Italia che all’estero è stato, a parte una prima fase di carriera più o meno lodata, spesso severo e ai limiti della contumelia.

Per la quasi totalità di quella inglese gli Stranglers potevano smettere già con No more heroes, per quella nostrana, più magnanima, gli si consente di arrivare almeno fino a The raven (non del tutto peraltro).

I motivi di questo atteggiamento li conosciamo solo in parte: forse non erano abbastanza punk e osavano suonare con l’organo; magari usavano solo accordi maggiori e minori pretendendo troppo da loro stessi e, politicamente, non dicevano niente. Ma di dischi veramente brutti (a parte forse il pasticcio di The meninblack) gli Stranglers, compreso questo “Feline”, non ne hanno mai fatto. Certamente il dopo The raven è stato di diversa fattura ma va da sé che con la fine degli anni 70 una qualche evoluzione era naturale attendersela.

Detto che la palma di piombo va al già citato The meninblack e che comunque il successivo La folie era stata una bella ripresa attestando che il gruppo non era del tutto bollito, “Feline” è un disco fascinoso e, per la scelta dei temi e dei tempi, non così contiguo a tentazioni commerciali. E’ molto marcata infatti la tendenza ai tempi medio lenti e, grazie al crooning caldo e avvolgente di uno Hugh Cornwell in versione romantica, alla ballata slow. Apice in tal senso è “European female”, dal ritornello suadente e bellissimo sospirato per l’ occasione da J. J. Burnel.

Le punteggiature di chitarra classica, i riferimenti a certe scale di sapore spagnolo ed il ricorso ad accordi diminuiti si ritrovano anche in altre occasioni ed unitamente al carattere un pò indolente alla Monochrome Set se vogliamo, forniscono inevitabilmente il bersaglio per le freccette dei giornalisti.

Le caratteristiche tipiche degli Stranglers, in ogni caso, si palesano chiaramente anche in questa nuova dimensione: ritroviamo la propensione a concedersi qualche momento strumentale (comunque sobrio), il basso sempre un pò sordo e granitico di J.J. Burnel che trova nuova linfa in linee sinuose ed efficaci, la leadership di Hugh Cornwell, più propenso alle fioriture, in grado di fornire complessivamente una buona prova e Dave Greenfield che, per la gioia di tutti, suona parecchio assecondando più che in altre occasioni la sua vena melodica. Un po più in ombra Jet Black assistito dall’elettronica in qualità di spalla più razionale e meno fisica.

Qualche momento meno convincente c’è senz’altro e si può anche convenire su questo ma non sembra proprio che ci sia cattiva musica né cattivo gusto in “Feline” che resta l’ultimo disco interessante e di buon livello degli amati Stranglers.

 

 

 

 

Anto (giugno 2010)

 

 

 

 

Tracklist: (versione su CD)

1.Midnight Summer Dream

2.It’s A Small World

3.Ships That Pass In The Night

4.European Female

5.Let’s Tango In Paris

6.Paradise

7.All Roads Lead To Rome

8.Blue Sister

9.Never Say Goodbye

10.Savage Breast [Bonus Tracks]

11.Pawsher [Bonus Tracks]

12.Permission [Bonus Tracks]

13.Midnight Summer Dream / European Female (Live) [Bonus Tracks]

14.Vladimir And Olga [Bonus Tracks]

15.Aural Sculpture Manifesto [Bonus Tracks]

16.Golden Brown [Bonus Tracks]

 

 

 

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